Gramatica


 

se te ghè òja, màndame do righe a sto indirizo...
 
 

Xe obligatorio dire arquante parole so la gramatica. Go za scrito, so la bibliografia (pagine dei Vocabolari), ca go fato i cunti - studiàndoghe dessora al me dialeto -  co la gramatica del Prof. Silvano Belloni, oltre a ver fato tesoro de le parole che se pole lèzare so i libri de la Comedia de Dante in dialeto de Anonimo da Piove e sol Manuale de Grafia Veneta Unitaria dela Region Veneto. Alora, me dirì, cossa serve scrivare oncora so la gramatica. Serve, ecome! El dialeto dela Bassa padovana, lo go scrito in qua e in'à, el xe difarente so la pronuncia da quelo de la Media e Alta padovana. Ghe va drio che anca par scrìvare "suoni" difarenti, oltre che dirli, ocore métarse d'acordo in partenza, senò, adio conprendonio! Alora, qua soto ghe xe solo on tratatèlo de gramatica par jutare a lèzare ben el me dialeto.
Par tuto el resto - e mi no sarìa gnanca a l'alteza - vardève la Gramatica
del prof. Silvano Belloni e el Manuale de Grafia veneta Unitaria de la Region Veneto.

 
 
  PREMESSE 1 - Da questo punto scriverò in italiano: altrimenti, che spiegazione sarebbe!
               2 - Quanto segue è finalizzato alla comprensione del testo dialettale usato nel sito in funzione della sua pronuncia.
3 - Verranno evidenziate le differenze con la pronuncia del restante dialetto padovano, pur nella
       considerazione generale che la pronuncia può cambiare anche sensibilmente a distanza di pochi
       chilometri.
4 - La lettura del testo dialettale, contrariamente a quanto si possa pensare, non è difficile: funziona come
      nella lingua italiana in quanto ogni lettera si legge esattamente come è scritta. Occorrerà, piuttosto, qualche
      precisazione sulle lettere "e", "l", "o", "s", "x", e "z".
 

a  b  c  d  e  f  g  h  i  j  l  m  n  o  p  q  r  s  t  u  v  x  z

 

BASSA PADOVANA

DIFFERENZE e ANNOTAZIONI
(in grassetto la grafia e la pronuncia  basso-padovana)

a a Pronuncia uguale all'italiano. E' un suono aperto, non soggetto ad accentazione acuta o grave.
b  Pronuncia uguale all'italiano
c Il suono della " c " cambia, come in italiano, in funzione della vocale che lo segue. E' duro (can = cane, capèlo = cappello , curame = cuoio, colo = collo,) davanti alle vocali " a ",  " o ", " u " ed alla consonante "h", seguita da " e " ed " i "  ( cheno = vino, chièto = quieto).

Diventa dolce se anteposto alle vocali " i " ed " e " (ciavàda = fregatura, bòcia = ragazzino, cèsa = chiesa)

Per l'accento sulle parole cèsa o chièto prese ad esempio, si vedano le considerazioni sugli accenti di cui alla lettera " e ".
d Pronuncia uguale all'italiano
e è Si distinguono due diverse " e ", a seconda dell'accentazione, acuta o grave:

è - accento grave. Si pronuncia aperta, come in
     pètene = pettine, brècane = sterpi;

é - accento acuto. Si pronuncia chiusa, come in
     méscola = mestolo, pétola = escremento

Una delle differenze più evidenti nella pronuncia fra bassa-padovana e altrove-padovano (eccezion fatta per le località prossime alla provincia di Vicenza) è rappresentata dalla lettera " e ". Nel dialetto basso-padovano, in assonanza con quello rodigino, molte " e " sono aperte e molti termini si pronunciano esattamente come in italiano: bèn - bén = bène; sènpre - sénpre = sèmpre; pièn - pién = pieno. 
f èfe Pronuncia uguale all'italiano
g Come nella " c ", anche nella " g " il suono cambia in funzione della vocale che la segue. E' duro (galina = gallina, gosso = gozzo, gusela = ago, ) davanti ad " a ", " o ", " u " e " h " questa seguita da vocale " e " ed " i ":  fighi = fichi; amighe = amiche

Diventa dolce davanti alle vocali "e" e "i": (Gepeto, Gina).

Nel mio vocabolario non ho trovato parole che rispondano al criterio di pronuncia dolce della " g ". In realtà questa lettera è stata trasformata nella pronuncia e molti termini sono ora resi graficamente con la lettera " j " (joza, judizio, justo hanno il loro corrispondente italiano in goccia, giudizio, giusto)
h aca Non esiste come suono a se stante. Interposta fra le lettere " c "  " g " e le vocali " i " ed " e " rende un suono gutturale, come in italiano (chèo, chièto, ghénga = marmaglia, ghiringhèla = festa), così come dopo la coppia " sc " davanti alle vocali " e " ed " i " (schèi = soldi, schizoto = focaccia) 
i i Pronuncia uguale all'italiano
j i longa Pronuncia difficile da descrivere: è una via di mezzo tra una " i " ed una " g " dolce: jazo, jaonzelo, . I termini con questa consonante iniziale che ho trovato non sono molti. Sono di più quelli in cui la " j " compare all'interno della parola: mèjo = meglio, ajo = aglio, corajo = coraggio,

E' molto più usata nella Bassa padovana, con parole che altrimenti conservano la consonante inziale " g " che la " j " sostituisce. Jazo - giasso = ghiaccio ; jèmo - gèmo = gomitolo ; joza - giossa = goccia.
Sostituisce, quindi,  generalmente la " g " dolce, e i gruppi " gli " e   " ggi ": fromajo o formajo= formaggio; ajo = aglio; 
l ele La lettera " l " è quanto di più variabile si trovi nel dialetto veneto, e differenzia anche di molto il basso-padovano dall'altrove-padovano.

Per questo non è possibile dare una precisa indicazione sulla sua pronuncia. Nella parlata della Bassa padovana, comunque, è sempre presente  e, di conseguenza, anche nella grafia. In mezzo al termine e seguita o preceduta da consonante è praticamente uguale all'italiano: palco, palpare, alto,  slondron, slargare

Davanti alla parola seguita da vocale o in mezzo a due vocali si fa meno precisa e diventa strascicata, quasi arrotata sulla lingua: palo, colo, ale, bala, limèga, cavalo.

Non viene abbandonata nemmeno nella formazione del plurale: cavali, pali, bale, conservando la sua caratteristica di " l " arrotata

Nel resto della provincia di Padova e in altre zone del Veneto, la pronuncia della " l " è molto sfumata, impercettibile forse, quasi solo un rimarcare - se posta fra due vocali - la prima di queste: cavàlo - cavàeo = cavallo,  a volte inesistente: capèlo - capèo = cappello, soprattutto nei plurali dove scompare del tutto: aneli - anèi = anelli, fradèlo - fradèi = fratelli. Nella scrittura Basso-padovana, quindi, è e deve essere sempre presente, in quanto oggetto di precisa pronuncia. Va da sè che non costituisce un ostacolo per il lettore di Monselice o Padova città, che può, una volta compreso il problema e riconosciuta la parola, pronunciarla a modo suo omettendo la " l " o scivolando su di essa come d'abitudine. Sono, comunque, del parere che questa consonante vada sempre scritta, anche se può sembrare scomparsa nella pronuncia e, soprattutto, non sostituita dalla vocale "e", il che costituirebbe - pur risultando un artifizio fonetico - un errore grammaticale oltre che una bruttura grafica (caeare = calare, baeare = balare, ecc.)

Personalmente non mi piace la grafia adottata da alcuni, peraltro difficilmente riproducibile se non ricorrendo ad alfabeti dell'Europa dell'Est, in cui la " l " del tipo basso-padovano viene riprodotta tagliata da un trattino a metà altezza (ł - Ł). Nei suoi libri Anonimo da Piove ha utilizzato questo sistema, individuando persino du diversi tagli per due differenti pronunce. 

In alcuni casi viene addirittura omessa ad inizio parola, non nella Bassa-padovana: ibro = libro

m ème Pronuncia uguale all'italiano
n ène Pronuncia uguale all'italiano - Uso la " n " al posto della " m " davanti a " b " e " p " ritenendo - in questo condividendo quanto sostenuto dal Prof. Belloni e dalla redazione del mensile Quatro Ciàcoe - che renda meglio il suono "veneto" delle parole così composte: canpo, conpagnia, ganba, sìnpio.
o ò Si distinguono due diverse " o ", a seconda dell'accentazione, acuta o grave:

ò - accento grave. Si pronuncia aperta, come in
     cuògo, fògo, fiòzo

ó - accento acuto. Si pronuncia chiusa, come in
     móscola, fórca e in tutte le parole tronche che
     finiscono con " on ": balón, fugazón, mandolón

Come nel caso della " e ", anche in presenza della " o " si notano molte differenze di pronuncia tra basso-padovano e altrove-padovano: pòco - póco = poco; fògo - fógo = fuoco;
zòca - sóca = ceppo: el me còpa - el me cópa = mi uccide.
p Pronuncia uguale all'italiano
q cu Pronuncia uguale all'italiano. - Anche in italiano la " q ", che è sempre seguita dalla vocale " u " sembra essere una lettera inutile, in quanto il suono della parola composta è riprodotto identico anche dalla coppia " cu ". Così, a volte, nella scrittura dialettale mi viene spontaneo scrivere direttamente senza la " q ". Ma non è un problema. Viene invece spontaneo e adottato definitivamente l'uso della sola " q " nelle parole che la prevedono preceduta da " c ": aqua = acqua, con tutti i derivati
r ère Pronuncia uguale all'italiano - In molte parole venete sostituisce le coppie " tr " e " dr ": pièra = pietra; véro = vetro; mare = madre, non mi è noto per quale meccanismo di elisione.
s èsse E' una lettera che viene pronunciata in molti modi, secondo la sua posizione nella parola:

"s" sorda, quando è ad inizio parola davanti a
      vocali (saco, supa, simioto, sezonta, soga) o 
      dalle consonanti " c ", " f ", " p " ," q " ," t " 
      (scalón, sfondrado, spuare,  stropare)  o, in 
      mezzo,  preceduta dalle stesse consonanti.

"s" sonora, quando si trovi fra due vocali ( aseo,
     buso, baso, ingasare) o davanti alle consonanti 
     " b ", " d ", " g ", " l ", " m ", " n ", " v " (sbecà, 
     sderenà, sdilinquìo, sganbìtoli, slondrón, 
     smaronare, snanararse, svéjo).

La presenza massiccia della zeta nella parlata basso-padovana fà sorgere il problema di sostituire in alcuni casi la " s " sonora con un altro segno alfabetico, la " x ", per rendere il suono in modo che graficamente non sia confondibile con altri. Gli esempi alla lettera " x ".

C'è, unico caso di doppia nel dialetto veneto, anche la doppia " s ", che si scrive quando si tratti di " s " sorda posta tra due vocali: sgussa = buccia; musso = asino; passàjo = passaggio; passàja = siepe; russe o russare = rovi; bisso = biscia, verme, ecc.

t Pronuncia uguale all'italiano
u u Pronuncia uguale all'italiano
v Pronuncia uguale all'italiano 
x ics Si pronuncia come " s " sonora e occorre utilizzarla nella grafia del dialetto della bassa padovana in quanto non sostituibile, come da molti viene fatto, con la " z ". Quest'ultima consonante, infatti, è molto presente nella parlata e non può essere usata, senza creare confusioni, per rendere la " s " sonora.

Quello della " x " è un problema discusso da tempo, ma non si risolve con una regola grammaticale fissa, proprio perché esiste la particolarità della Bassa-padovana e del Polesine.

Da precisare, infatti, che qui si usa molto la zeta per quasi tutte le parole che, nell'altrove-padovano e in altre parti del Veneto, vengono pronunciate e, quindi, scritte con la " s ": zapa - sapa = zappa; zavate - savate = ciabatte; pózo - pósso = pozzo ("z" sorda). 

Il problema, però, si pone quando la " z " è sonora ad inizio parola: zontare - zontare = aggiungere. Si noti che i termini Basso e altrove-padovano sono scritti nello stesso modo, ma si devono pronunciare diversamente: mentre rimane la " z " per la Bassa-padovana, per gli altri quella " z " diventa " s " sonora, come, ad es., in "uso" o "muso" italiani. E' un indizio del problema, anche se nell'esempio ancora non c'entra la " x ".

Quando le parole in uso nella Bassa si devono pronunciare con " s " sonora che, abbiamo visto, viene graficamente resa con " z " altrove, da noi è necessario ricorrere alla " x ": xe - ze = egli è; xio - zio = zio; xolare-zolare = volare,  altrimenti confondibili con "se - se = se" e "sio - sio = siete?" e solare=solare.

Perciò occorre utilizzare la " x "
1 - come " s " sonora tutte le volte che i termini in cui questa
     compare  potrebbero essere confusi, nello scritto, con altri di
     diverso significato (xolare - zolare = volare confondibile con
     solare
- solare = solare; xena - zena = ascella confondibile con
     sena
- sena =  scena o cena che nella Bassa si dice zena. E
     così via.
2 - in tutte le parole che iniziano con " s " sonora seguita da vocale:
     xaolare
- zaolare = bighellonare; xengo = zengo o smalusà =   
     viziato. In sostituzione della "z" usata altrove per ottenere lo 
     stesso suono, ma che qui rischia di essere letta com'è.

Si tratta di pochi termini, tutti riportati nel mio vocabolario.

z zéta Ha due diverse pronunce:

" z " sonora (zalo = giallo; zugare = giocare;
      zenòcio
= ginocchio; zènte = gente)

" z " sorda (zavata - savata = ciabatta; zùcaro -
      sùcaro = zucchero; mazare - massare = 
      ammazzare; pózo - pósso = pozzo)

Come già accennato nelle osservazioni alla lettera " x ", la " z " è pochissimo usata nell'altrove-padovano e usatissima nella Bassa-padovana e nel Polesine. Tanto che vi si riscontrano due differenti suoni, come a fianco detto.

Si osservi che la " z " sonora della bassa equivale a " s " sonora altrove ( le stesse parole degli esempi a fianco si scrivono come nella bassa ma si pronunciano con "s" sonora;

Per contro, la " z " sorda si pronuncia altrove con " s " sorda e si rende con " s " (v. esempi a lato).

Sta scomparendo, ma in alcuni paesi (Solesino, il mio, ad es.)  la    " z " sorda è molto caricata nella pronuncia, tanto che si dovrebbe rendere graficamente con  " zh " (zhuca - suca = zucca; mazhare - massare = ammazzare)  o addirittura " dh " (dhejo - zejo = ciglio; medho - mezo = mezzo), suoni indicati (v. prof. Belloni o prof. Corrain) come di antica origine longobarda o addirittura paleoveneta, tutt'ora presenti nel Bellunese e nell'alta trevigiana.

   

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